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Imprese femminili a crescita zero. Le donne pagano il conto più salato della pandemia


Imprese femminili a crescita zero. Le donne pagano il conto più salato della pandemia

Lo evidenzia il rapporto nazionale impresa di genere di Unioncamere.
 
grafici e diagrammi
 
 
La crisi innescata dal covid 19 frena la voglia di mettersi in proprio. Le imprenditrici hanno maggiore necessità di un supporto economico-finanziario e sono meno fiduciose rispetto agli uomini sul rientro alla normalità. È quanto emerge da una recente analisi realizzata nell'ambito del “Rapporto nazionale impresa di genere” di Unioncamere.
 
Le imprese femminili nel terzo trimestre di quest'anno sono 1,3 milioni, pari al 22% del totale. Quasi 890mila operano nel settore dei servizi (66,5% del totale femminili), oltre 151mila in quello dell'industria (11,3%) e circa 208mila nel settore primario (15,6%).
 
Il 96,8% sono micro imprese con meno di 10 addetti (circa 1 milione e 293mila), 39mila sono piccole imprese con 10-49 addetti (il 2,9%), mentre le medio-grandi imprese sono poco più di 3mila, pari allo 0,3% del totale delle imprese femminili. Al Centro-Nord si trovano circa i due terzi dell'universo femminile dell'impresa (849mila imprese, pari al 63,6%). Circa 487mila (il 36,4%) hanno sede invece nel Mezzogiorno. Poco più del 10% delle imprese femminili sono guidate da donne di meno di 35 anni di età (150mila, l'11,3%), e quasi altrettante da donne straniere (oltre 151mila).
 

Dopo anni in cui in ogni trimestre le imprese femminili segnavano crescite superiori alle imprese maschili, tra aprile e settembre questa accelerazione si è praticamente azzerata in funzione di una caduta più marcata della nascita di nuove imprese nel secondo trimestre (-42,3% per le femminili contro il -35,2% delle maschili), che si è protratta anche nei tre mesi successivi (-4,8% contro +0,8% del terzo trimestre).